Thursday, November 01, 2007

Incazzarsi non serve. Però ne abbiamo le balle piene.

Il TG5 ha appena detto che la signora Giovanna Reggiani, aggredita martedì sera da un rumeno a Roma, è morta.

Qui c'è un estratto dell'intervista rilasciata dal criminologo Carmelo Lavorino ad "Affari" del portale di Libero .
Evito commenti personali. Dico solo che mi fa schifo questo paese. L'intervista si commenta da sè.


Ma la nazionalità incide su questi reati, l'allarme è generale?
"In Italia abbiamo 57 milioni di italiani e 3-4 di immigrati. Ma nelle carceri, il 70% dei detenuti sono stranieri, il 30 italiani. Non c'è alcun rapporto di proporzionalità, anzi l'inversione esasperata dei rapporti. Ciò significa che c'è un fenomeno abnorme di soggetti che vanno in carcere o perché hanno l'istinto criminale (anche se qualcuno pensa che non esista), o la tendenza a delinquere. E soprattutto hanno un tipo di mentalità che dice loro: 'per soddisfare il bisogno devi fare il delinquente'. C'è una percentuale altissima di carcerati e delinquenti tra le persone che vengono da fuori. Poi ognuno di loro può avere una tendenza particolare, sia per motivi di abitudine e tradizione che per motivi di contesto, ad effettuare eventuali reati".

Un esempio?
"Vediamo che gli assalti alle ville sono prerogativa degli albanesi e i rumeni; le aggressioni sessuali e gli scippi sono compiute in particolare da rumeni e alcuni africani (quindi non soltanto chi viene dall'Est europeo); un certo tipo di spaccio di droga viene fatto da nigeriani. Per cui, da un lato abbiamo un'altissima percentuale di delinquenti che in Italia hanno trovato il bengodi a causa del colabrodo delle frontiere. I criminali che arrivano in Italia sanno che hanno praticamente l'impunità e l'indulto, la lunghezza dei processi, la mancanza di strutture carcerarie lo hanno dimostrato. Ma dall'altra parte c'è la tendenza di queste persone ad aggregarsi attorno ad un progetto criminale".

E' possibile fare prevenzione?
"Per fare prevenzione occorre innanzitutto essere duri e decisi contro chi commette il crimine; fortificare le forze dell'ordine e di polizia; una legislazione da una parte preventiva e dall'altra punitiva (perché sappiamo che certi tipi di crimine si possono prevenire soltanto con forti punizioni); aumentando le strutture di vigilanza, i cosiddetti "sensori sociali" e per finire cambiare la mentalità dei politici e della gente comune".

In che modo?
"Parlo del perdonismo, del buonismo, della comprensione per l'aggressore o addirittura l'accusa alla vittima di essere provocante. In questo caso vorrei sapere la signora Reggiani cosa mai abbia potuto provocare. Era soltanto uno strumento per soddisfare l'impulso di questo criminale delinquente. C'è una serie di atti che devono essere effettuati con una legislazione punitiva, che non permetta a questi soggetti di farla franca. Ma soprattutto serve una banca dati di Dna, impronte digitali di chiunque venga in Italia. Non si capisce che cosa debba temere una persona onesta nel momento in cui non delinque. Se a me chiedono il Dna, non ho problemi a fornirlo. Tenuto presente che basta seguirmi al bar mentre prendo un caffè. Stessa cosa per le impronte digitali: se tocchiamo qualche oggetto le trasferiamo sempre. Occorre una mentalità investigativa da parte delle forze dell'ordine, che devono capire lo stato d'emergenza in cui ci troviamo; serve un lavoro serio, corretto, senza creare mostri, monitorando continuamente la situazione. E le iniziative di cui ho parlato".

LINK ALL'INTERA INTERVISTA: CANALI.LIBERO.IT